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La Cascinazza, il Consiglio e il plusvalore
Un Preliminare pseudo, di che e per che “cosa”?
di Alfredo Vigaṇ


la Cascinazza
la Cascinazza - foto Franco Isman

La fiducia nella politica. Siamo proprio messi male se non ci si scandalizza più che tanto del fatto che si scarichi in Comune e nelle istituzioni la funzione mirata, per risolvere un vecchio problema pseudo immobiliare in contenzioso legale con tutte le Amministrazioni di Monza da quasi mezzo secolo. Contenzioso vinto nella sostanza dal Comune con sentenze definitive. Un problema “Pseudo” urbanistico perché è anche politico o perlomeno di un certo modo di fare politica.

Il Sindaco dice che è un problema urbanistico e non politico, gli posso credere ma si guardi vicino. Fosse così il problema sarebbe da molto tempo risolto, infatti chi ha messo mano a strumenti urbanistici dal Piccinato del '71 in giù ha sempre chiarito che per l'urbanistica sarebbe meglio non costruire lì, o costruire ai margini del quartiere senza invadere l'area agricola, per ragioni sia urbanistiche che ambientali (non ultimo proprio il Piano Benevolo che l'amministrazione di allora rivendicava alla fine degli anni '90 come opportuno).
Una cosa confusa tra il costruire e non costruire vi fu con il Piano 2002 con una perequazione del tutto fantasiosa e che in realtà si traduceva in una reale impossibilità di edificare.

L'organismo del Bacino del Po, quando, a parere di molti, fu libero di decidere, in prima battuta, vincolò gran parte dell'area in attesa di chiarire i problemi di rischio idrogeologico. C'è chi dice che era troppo la salvaguardia, poi fece molta impressione il ripensamento (contro il parere dei Comuni interessati) e il troppo poco di fronte al rischio idraulico da parte di un Ente preposto alla tutela dei cittadini e dell'ambiente.

L'area, come si sa, fu acquistata più o meno a prezzo agricolo in un periodo di vincolo (Piano dei Servizi) che, guarda caso, la Regione Lombardia di allora con attenzione mirata rimandò dopo un po' di tempo, senza approvazione e con motivazioni sospensive fantasiose. Il Comune inspiegabilmente non rispose e lasciò cadere il tutto ripristinando il Piccinato. Corsi e ricorsi storici se si pensa a sei, dico “sei”, leggine su Monza compresa la proroga di queste settimane. Quasi fossimo ancora la capitale dei Longobardi!
E' poi chiarissimo, come spesso ho sottolineato, che è improprio far partecipare una gran parte dell'area di rischio idrogeologico (esondazione del Lambro) ad un Piano di Lottizzazione privato e per di per di più venderla “pataccando” al prezzo di area edificabile. Sarebbe come vendere come “urbanistica”, per un Piano di Lottizzazione residenziale, l'area di una frana , un pezzo di palude o torbiera, una fetta di ghiacciaio. Non ci siamo, anche solo per decenza di fronte ad altre proprietà e cittadini.
Inoltre per occupare nuove aree in modo consistente nel nostro territorio (che è tra i più urbanizzati ed antropizzati d'Europa) bisogna giustificarne la necessità, trattandosi di decisione pubblica, di fronte ad altre priorità ed agli interessi pubblici che rendono necessaria o plausibile una simile scelta.
Dire quindi che è un problema solo urbanistico è sbagliato e illusorio, in realtà è un problema ambientale complesso e di pasticcio tra politica e interessi immobiliari sulle aree. Le indiscrezioni di questi giorni sulla pseudo vendita, dico “pseudo” dato che il preliminare (non compromesso o altro ma solo preliminare), riportato dalla stampa, dà un enorme ed anomalo divario tra anticipo e cifra finale. Questa anomalia, se vera, la dice lunga sulle reali intenzioni dell'atto.

Le ipotesi sono molteplici, vediamo. Non si sa cosa ne uscirà alla fine e quindi se le clausole del preliminare prevedono una scala di valori e precauzioni per l'acquirente in pectore;
oppure si passa di cavallo, come se si usasse la vaselina, in modo che future riduzioni (per esempio da 388 mila mc, che fanno il conto dei 92 milioni, ai 200.000 mc che vengono “ventilati”, non si sa a che titolo, in più sedi) possano quasi dimostrare, giustificare, le buone intenzioni come di buon senso, urbanistiche (magari con qualche cooperativa di edilizia convenzionata ai margini per far fronte al sociale), e negli interessi pubblici.
Un'altra ipotesi è che si fa sapere alla città quale è il prezzo per liberasi da una specie di presunto diritto feudale o politico di cui tutti non ne possono più, come qualche secolo fa dal feudatario che aveva venduto a pezzi e a sassi anche il Castello Visconteo. Sembra quasi la storia di Mastro Don Gesualdo del Verga.
E ancora, qualcuno paventa che, date le spese ventennali di uno sciame costoso di tecnici e avvocati sulla carcassa, bisogna recuperare al più per “coprire” i conti seppure in famiglia e indipendentemente dalla reale edificabilità. Infatti in questi mesi, come si legge sulla stampa specializzata, sembra che la stessa società sia passata di mano ad altra società (da Istedin a Rizoma, se ho capito bene) proprio in questi tentativi di alleggerire e risanare finanziariamente una situazione a disagio e recuperare il più possibile. Mi soffiano i più informati che sarebbe stato all'uopo incaricato qualche mese fa un “terminator”, come gergo interno all'azienda.

Bene ma la cosa è ancora più grave e sintomatica di una crisi di una certa parte . Nel panorama di cui sopra sono intervenuti fatti nuovi che non giustificano certo una particolare attenzione pubblica per quanto avviene in una società privata.
Oltre ai precedenti urbanistici e del PAI, è stato adottato nel marzo scorso, dal Consiglio Comunale, il Piano di Governo del Territorio, Piano che ha messo dei paletti sulla questione facendo del problema una valutazione urbanistica ed ambientale equa, volta a risolvere problemi della Città tutta, scevra da richieste stimolanti la “moltiplicazione dei pani e dei pesci“.
La Cascina può essere ristrutturata (come è giusto), si possono fare interventi residenziali e terziari (uffici etc.) a margine della grande area agricola, esterni alla zona di esondazione, a completamento del quartiere e delle sue urbanizzazioni (parco, servizi e viabilità) ed in concorso con altre proprietà.
Soprattutto bisogna provvedere prima e nel contesto provinciale e intercomunale, a sistemare il problema di esondazione del fiume, studiando il potenziamento della area di esondazione per limitare i gravi rischi di allagamento degli abitati e che incombono sino a Milano. A questo come altre volte ho sottolineato, dovrebbero provvedere anche la Provincia, i Comuni e la Regione .
Inoltre il Piano introduce un concetto nuovo, quello della competitività tra le diverse proprietà e negli interessi pubblici. Non esiste uno che è più competitore degli altri ancor prima di aver definito gli interessi pubblici a cui rispondere con l'investimento privato.
Infine, il Comune ha vinto, con sentenza ormai tombale, la vecchia questione con la proprietà e quindi è oggi più libero di decidere (vi ricordate i ricattini di chi diceva: pagheremo 500 miliardi - di lire - di danni!). Non ci sono, perciò né paure né pericoli economici incombenti per l'Amministrazione pubblica tali da giustificare una nuova trasformazione del suolo oltre il PGT.
E' indubbio poi che prima di valutare qualsiasi ipotesi di edificazione bisogna fare il “progetto” inerente il sistema idraulico del Lambro nel suo complesso e lì, nella zona, potenziare e valorizzare la grande vasca naturale di esondazione a tutela degli abitati a sud di Monza.
Bisogna anche chiarire il disastroso progetto burla (precedente Governo nazionale) del canale scolmatore che rovina il Parco Storico di Monza oltre che la Città tutta e che illude.
Non ultimo, Monza necessita sicuramente e con priorità di risanare i propri quartieri per interventi su aree dismesse e poi di completamento urbanistico se necessario. Nessuna ipotesi di ulteriore espansione può risultare prioritaria per gli interessi della Città nei prossimi anni, anzi dannosa alla sua economia e risanamento urbanistico ed ambientale.
A nessuno può sfuggire che il risanamento di aree dismesse significa anche verde, parcheggi e servizi dentro i quartieri, tra gli abitanti di oggi e per aree già dotate di urbanizzazioni. La restituzione alla città di benefici derivante dagli investimenti è quindi molto maggiore che su aree libere esterne. Questa è la priorità indiscutibile.
Questa priorità di prevalenza del recupero è nella legge, come la necessità di tutelare le aree agricole rimaste, soprattutto se di grandi dimensioni e in contesto ambientale fluviale (corridoio ecologico), come detta la stessa legge regionale, il Piano di Coordinamento Provinciale e le indicazioni della Comunità europea (aree periurbane). Scelte urbanistiche future dovranno confrontasi nel contesto di una pluralità di attori e in competizione.

Oggi il Comune ha ereditato ragioni urbanistiche, ambientali, legali e di contenuto legislativo e normativo molto più forti del passato. Quindi appare del tutto fuori luogo fare “ricatti“ per l'approvazione del PGT, subordinandola a palesi interessi privati connessi anche ad atteggiamenti politici ed amministrativi.

Questo pseudo preliminare ci dice inoltre che il Consiglio deve avere più attenzione per decidere, dato che i valori in gioco, se prendiamo sul serio il preliminare e li riferiamo ai dati urbanistici (volumi PRG e volumi PGT), o meglio il valore passa da 92 milioni di euro a 21 milioni di euro (con una valutazione grossolana ma significativa del plusvalore in gioco che dipende da decisioni pubbliche). Questa valutazione dà l'escursione di cosa vorranno dire modifiche al PGT e cosa c'è in gioco. Dà anche l'idea del perché della proroga della scadenza dei termini. Fortunatamente sono solo due mesi, anzi meno ogni giorno che passa.

Il Sindaco assicura in Consiglio che la delibera c'è, che il problema della Cascinazza e di altre espansioni non è problema di ora. Gli credo e speriamo gli credano anche i suoi. Se vuole una mano, data la situazione non semplice, prima ancora dal punto di vista politico che urbanistico siamo qui. Una cosa è certa e a nessuno può sfuggire: il progetto di Piano di Lottizzazione allora presentato e diniegato, quello che per intenderci veniva descritto come un “Parco” di case e che era lungo quanto tutto il centro storico, è morto per tutti. Meno male.

Alfredo Viganò


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  14 ottobre 2007